Assistere Accogliere Amare
Il sicomoro è una pianta appartenente alla famiglia delle Moraceae; la sua classificazione scientifica è Ficus sycomorus e si tratta di una specie di alberi molto longeva che può vivere anche per diversi secoli (cfr. Figura 1). Il sicomoro è un albero diffuso in Africa e nel Medio Oriente, fin da tempi antichissimi.
Nella Bibbia quest’albero è menzionato in più occasioni (I Re 10:27; I Cr 27:28; II Cr 1:15; II Cr 9:27; Sal 78:47; Is 9:9; Am 7:14; Lc 19:4). Nell’Antico testamento è ritrovato solo il termine sicomori, che oltre a riferirsi al plurale di sicomoro, indica anche il nome dei frutti dello stesso albero (Am 7:14).
Nei tempi passati queste piantagioni erano molto apprezzate. Nel Sal 78:47 si nota che il sicomoro è posto accanto alle vigne del re e addirittura Davide costituì un soprintendente dedicato alle piantagioni di questi alberi (I Cr 27:28) [1].
Nel Nuovo Testamento il sicomoro è ricordato nel passo biblico in cui Gesù trasforma il cuore di Zaccheo (Lc 19:1-10); da questo testo, si rilevano importanti proprietà di quest’albero, riferibili al cristiano che serve il Signore nel lavoro missionario. Nel passo su citato, si può osservare che il sicomoro ha diverse caratteristiche benefiche, riconoscibili alla sua conformazione, al suo frutto e alla sua principale missione; quest’albero ci parla di un’opera di Assistenza, di Accoglienza e di Amore.
Figura 1 – Un antico sicomoro con una folta chioma.
1 – UN’OPERA DI ASSISTENZA
La conformazione del sicomoro
Zaccheo non poteva vedere Gesù perché era piccolo di statura (Lc 19:3), ma il sicomoro sovvenne a quella necessità colmando quel deficit (Lc 19:4). In altre parole, si può dire che il sicomoro compie per Zaccheo una vera e propria opera di pratica assistenza.
Il capo dei pubblicani, salito sul sicomoro, doveva certamente avere una buona visuale. I sicomori, infatti, sono alberi molto alti, ben piantati, che possono raggiungere un’altezza di 20 metri e presentano una larghezza che può arrivare a circa 6 metri.
Il tronco del sicomoro è tozzo e robusto e si dirama quasi subito, quindi i rami più bassi sono molto vicini al suolo (cfr. Figura 2). Ciò spiega perché un uomo piccolo come Zaccheo poté facilmente arrampicarvisi per vedere Gesù lungo la via.
Figura 2 – Sono illustrati i rami ampi e bassi di un sicomoro.
Questi rami furono come una mano tesa per Zaccheo, così che questi potesse vedere Gesù. Il cristiano piantato in Cristo (Sal 1:1-3; Ger 17:8) riceve benedizione da Dio per essere di benedizione per gli altri; egli è come un sicomoro che tende una mano per aiutare i perduti.
Tal volta può sfuggire il fatto che il servizio cristiano è anzitutto volto ad assistere praticamente le persone intorno a noi. È facile dire agli altri di accettare Gesù disinteressandosi delle loro problematiche, ma come potranno ascoltarci se prima non gli si tende loro una mano (cfr. Figura 3)?
La conformazione del sicomoro, i suoi rami ampi, che partono dal basso, ci parlano dell’Amore che dobbiamo avere per assistere le anime perdute. Dio non ci chiama a giudicarle o a mormorare contro di loro (Lc 19:7), ma ad avvicinarci con compassione, ad abbassarci nel loro dolore, in altre parole, a tentare di immedesimarci e identificarci in loro (II Re 4:34).
Figura 3 – Una simpatica vignetta che mostra un approccio poco compassionevole verso chi necessita di assistenza.
Non possiamo andare oltre i bisogni di chi ci circonda (Lc 10:31,32), oppure nascondere ciò che Dio ci ha dato (Mt 25:18; Lc 19:20). La chiesa non è un museo di santi, ma un ospedale di peccatori. Noi siamo il sale della terra (Mt 5:13) e per dare sapore agli altri, occorre che “ci sciogliamo” negli altri. Dio ci chiama ad essere come quel Buon Samaritano che assistette quel giudeo mezzo morto (Lc 10:33), Dio ci chiama ad avere sempre più la conformazione del Suo Figlio Gesù (Lc 19:10; Gv. 3:16).
Un piccolo gesto pratico (Mt 25:35-40), un “bicchiere d’acqua” (Mt 10:42) … valgono più di tante parole. Quando si aiuta un bisognoso, certamente questi è più predisposto ad ascoltare la Parola di Dio, perché si fida di chi ha usato misericordia verso di lui.
Dopo aver assistito le anime che il Signore ci manda, anche solo il racconto della nostra testimonianza assume una valenza diversa per chi ci ascolta. Mentre assistiamo gli altri, stiamo in realtà preparando il terreno perché essi possano ricevere il seme della Parola di Dio.
Il Fratello Charles E. Greenaway racconta che, all’inizio del suo ministerio come missionario in Africa, si trovò un giorno in forte difficoltà, perché un uomo gli venne incontro e gli chiese di aiutarlo. Non gli domandò uno studio biblico o un consiglio spirituale … aveva solo un forte mal di denti e chiedeva soccorso. Non c’era personale medico o paramedico in quel paese sperduto, dunque il fratello si rivolse al responsabile anziano del campo, che con molta rudezza gli diede una tenaglia e gli disse: “prova a tirargli il dente con questa …”. Dopo un po’ di imbarazzo, il giovane Greenaway si fece coraggio, si avvicinò a quell’uomo e gli tirò il dente malato (per la verità il fratello racconta di avergli tirato più di qualche molare …). Quel gesto di aiuto, calmò il dolore fisico di quell’uomo … fu allora che lo Spirito Santo guidò Greenaway per raccontare la storia di Gesù a quell’indigeno. Non avrebbe potuto farlo prima, quella persona bisognosa non poteva ascoltarlo per il dolore che stava provando, ma ora il suo cuore era pronto per intendere l’Evangelo. Fu così che, in quel giorno, Dio salvò quell’anima perduta. Il missionario Greenaway scoprì che si trattava del capo di una grande tribù che l’indomani si presentò al culto con tutta la sua gente e “obbligò” i suoi uomini ad ascoltare la stessa storia che aveva appreso dal fratello il giorno precedente. Nacque una chiesa in quel posto, perché un servo di Dio fu disposto ad assistere uno sconosciuto tendendogli una mano.
2 – UN’OPERA DI ACCOGLIENZA
Il frutto del sicomoro
Zaccheo aspettò Gesù seduto sul sicomoro. Certamente quest’albero accolse il pubblicano offrendogli riparo e frescura nel mentre questi stava aspettando il Salvatore, difatti il fogliame del sicomoro è molto folto ed ampio e produce una bella ombra.
Le foglie del sicomoro sono cuoriformi (a forma di cuore) … come se manifestassero affetto per chi sceglie di ripararsi sotto la chioma di queste piante.
È molto probabile che Zaccheo, nell’attesa di Gesù, ebbe anche la possibilità di cibarsi con qualche frutto, infatti questi alberi ne producono in abbondanza. Gli esperti hanno appurato che, a differenza del fico comune, il sicomoro è un sempreverde che fruttifica più volte in un anno (per alcuni fino a 8 volte). È anche per questo motivo che i rami del sicomoro sono così bassi: sono calati giù dal peso dei frutti stessi (cfr. Figura 4).
Gli antichi attribuivano al succo lattiginoso, estratto dai sicomori, anche delle virtù medicinali, come curare morsi di serpente, dissenteria, mal di testa, mal d’orecchi e ferite [2].
Figura 4 – Sono raffigurati i sicomori, sono così chiamati i frutti del sicomoro.
Dio ci chiama a portare il frutto dello Spirito per accogliere quelli che sono attorno a noi. Il Signore non vuole solo che seminiamo la Parola con opere di assistenza, Dio vuole anche che annaffiamo i cuori e che li curiamo con Amore, Gioia, Pace, Pazienza, Benevolenza, Bontà, Fedeltà, Mansuetudine, Autocontrollo (Gal 5:22). La linfa dello Spirito che è in noi può medicare le difficoltà spirituali di chi ci circonda. Dio ci chiama a curare e ad accogliere, non solo ad assistere. Quei rami del sicomoro non solo aiutarono a vedere meglio Zaccheo, ma anche lo accolsero per tutto il tempo che il cuore del pubblicano fu lontano da Gesù; quel sicomoro non si stancò di supportarlo con pazienza, di offrirgli riparo con amore, di cibarlo con benevolenza … come il Buon Samaritano “fu prossimo” per il giudeo, così il sicomoro lo fu per Zaccheo (Lc 10:29-37).
Possa Dio donarci sempre più un cuore da pastore (Am 3:12) [3], per essere “ più prossimi” alle anime perdute.
3 – UN’OPERA DI AMORE
La missione più importante del sicomoro
Lo scopo principale del sicomoro è appannaggio delle categorie svantaggiate, i suoi frutti sono infatti usati nell’alimentazione dei più poveri. Il legno del sicomoro certamente non sarà prestigioso come quello di altri fusti, tuttavia è molto duraturo perché essendo amaro non viene attaccato dai tarli. Il sicomoro è piantato per dare sollievo e ristoro a chi viaggia o è senza un tetto per riposarsi, per questo si trova sempre ai margini delle strade, anche nei posti più malfamati come quelli che caratterizzavano Gerico (Lc 19:1,4), una città che, all’epoca di Gesù, era infestata di ladroni e briganti (Lc 10:30).
Così è la Chiesa del Signore, chiamata prima per le opere missionologiche, poi per quelli ecclesiali: l’ecclesiologia deve sempre adattarsi alla missionologia, mai il viceversa.
Osserviamo che per gli ebrei il termine sicomori significa redenzione[1]. I frutti di un sicomoro (chiamati per l’appunto sicomori), dunque, rappresentano anzitutto, per noi, frutti di redenzione. Perché ciò avvenga, dobbiamo morire a noi stessi (Is 6:1; Gv 12:24).
Si noti che i coltivatori di questi alberi nel medio oriente hanno ancora oggi l’abitudine di bucare i fichi acerbi con un ago o un altro oggetto acuminato per renderli mangiabili. Probabilmente questo spiega l’occupazione di Amos prima della sua chiamata al ministero profetico, che era quella di “mandriano e coltivatore di sicomori” (nell’originale ebraico il termine è בּלס, balas, cioè uno che incide o fora i fichi) (Amos 7:14). Pungendo i fichi di sicomoro non ancora maturi si produce infatti un netto aumento nell’emanazione di etilene, gas che accelera notevolmente la crescita e la maturazione del frutto (da tre a otto volte). Se non vengono bucati, i frutti non raggiungono il pieno sviluppo e rimangono duri, oppure vengono rovinati da parassiti come le vespe che vi nidificano.
[1] La numerazione ebraica antica veniva eseguita usando i caratteri alfabetici, secondo questa esegesi, il termine sicomori, in ebraico siqmîm, ha la stessa valenza numerica della parola redenzione, pedùt.
Dio è come un esperto coltivatore di sicomori. Le prove, le crisi e le difficoltà che possiamo attraversare, sono come quel pungolo che, nel perfetto piano del Signore, è usato perché il nostro frutto possa arrivare a maturazione e possa curare quelli che sono attorno a noi (Gv 15:2,4-5; II Cor 1:4).
Chiariamo che la redenzione è un’opera di Amore che appartiene a Gesù Cristo. Nel racconto di Luca, osserviamo che la missione più aulica del sicomoro fu quella di glorificare Cristo, perché quando arrivò Gesù, il sicomoro uscì di scena. Se Zaccheo non avesse accettato il consiglio della Parola di Gesù: “.. scendi, presto, perché oggi debbo fermarmi a casa tua” (Lc 19:5), non avrebbe conosciuto una vera trasformazione. Forse sarebbe stato assistito e accolto dal sicomoro, ma non sarebbe stato salvato. Quest’albero non si fermò ad un’opera sociale (di assistenza, di accoglienza), tanti altri alberi avrebbero potuto forse farlo meglio, ma il sicomoro “servì” Gesù Cristo per un’opera di Amore più alto: la redenzione di un peccatore. Come i rami di quest’albero lasciarono semplicemente salire Zaccheo, gli stessi rami lo lasciarono agevolmente scendere, accompagnandolo dal Maestro.
Nel nostro servizio cristiano dobbiamo essere come questo sicomoro; è necessario che Egli cresca e che IO diminuisca (Gv 3:30). Quando portiamo frutti di redenzione, i rami della nostra personalità si abbassano, quindi possiamo distribuire agli altri ciò che il Signore ci ha dato e lasciare che questi incontrino prestamente il Salvatore. È importante che le persone non si attacchino a noi, ma occorre che si leghino e si innamorino di Gesù.
Il cristiano è un ambasciatore di Dio (II Cor 5:20); l’ambasciatore non parla di se, ma parla a favore e per conto di chi lo ha mandato. I Figli di Dio sono pescatori di uomini: è la Luce di Gesù Cristo che attira le anime, la nostra ombra può solo spaventarle.
Dopo che Filippo assistette e curò, fino al battesimo, il ministro etiope, la sua presenza scomparve (Atti 8:26-40). Perché? Come per il sicomoro di Zaccheo, era terminato il suo compito e la gloria doveva andare a Dio.
L’opera che Dio ci chiama a fare è limitata a precisi momenti nel tempo. Siamo chiamati a seminare assistendo, ad annaffiare curando (che grande privilegio …), ma Colui che fa crescere è Dio (I Cor 3:6-7), a Lui solo appartiene la redenzione, a Lui solo va l’onore e la gloria. La Sua opera è continuativa nel tempo, perché Egli vive fuori dalle epoche, nell’Oggi eterno. È Lui che fa crescere il seme, mentre qualcuno in un determinato momento assisterà o accoglierà.
Possa Dio ungerci[2] per essere come dei sicomori … degli alberi piantati in Cristo per assistere, accogliere e servire il Signore per la redenzione delle anime perdute, così da vivere ciò che realizzò il profeta Isaia (Is 61:1-3) quando scrisse: “Lo spirito del Signore, di DIO, è su di me, perché il SIGNORE mi ha unto per recare una buona notizia agli umili; mi ha inviato per fasciare quelli che
[2] La Sua unzione è per un’assistenza che lenisce (l’olio aiuta a guarire le ferite), per una cura che custodisce (l’olio è un agente conservante naturale), per una vita che diffonde il profumo della gloria a Dio (l’olio è usato come profumo).
hanno il cuore spezzato, per proclamare la libertà a quelli che sono schiavi, l’apertura del carcere ai prigionieri, per proclamare l’anno di grazia del SIGNORE, il giorno di vendetta del nostro Dio; per consolare tutti quelli che sono afflitti; per mettere, per dare agli afflitti di Sion un diadema invece di cenere, olio di gioia invece di dolore, il mantello di lode invece di uno spirito abbattuto, affinché siano chiamati terebinti di giustizia, la piantagione del SIGNORE per mostrare la sua gloria.”
Tutto ciò procurerà, prima che negli altri, vita in noi (Luc 10:28).
L’opera missionaria non è un’attività di una comunità, è la vita della Chiesa. Dio ci benedica.
ALCUNI RIFERIMENTI
- Plinio, Historia Naturalis, XXIII, 134-140.
- Bill Wilson, Di chi è Figlio, Publielim, 2003. profumo